Probiotici per la cura di artropatie, legate a malattie intestinali infiammatorie
Probiotici e terapia convenzionale rappresentano una nuova frontiera terapeutica nella gestione delle manifestazioni articolari delle malattie infiammatorie intestinali (IBD).
I probiotici si stanno studiando per ottenere la cura di artropatie legate a malattie intestinali infiammatorie, tipo il morbo di Crohn e la Rettocolite ulcerosa.
Probiotici malattie infiammatorie intestinali ed artropatie infiammatorie
La valutazione di un protocollo terapeutico standard, per la terapia delle artropatie infiammatorie (Diclofenac (75 mg im/die per 10 giorni) e Mesalazina (800 mg tavolette gastro-resistenti, 1 tavoletta due volte al giorno nelle forme miti, e 1 tav. x3 volte al dì nelle forme moderate) a cui sono state aggiunte due miscele probiotiche in un intervallo di tempo di due settimane.
La prima settimana si sono somministrate una capsula la mattina ed una capsula la sera contenenti una miscela di Enterococcus faecium e Saccaromices boluard, con lo scopo principale di attenuare la flogosi intestinale; mentre la seconda settimana si sono somministrate una capsula la mattina ed una capsula la sera contenenti una miscela di Lactobacillus salivarius e Lactobacillus acidophilus, con lo scopo di favorire il ripristino di un normale microambiente intestinale.
Importanza dei probiotici nell’infiammazione locale intestinale
La riduzione dell’infiammazione locale, migliorata con i probiotici, è importante per l’effetto sul quadro intestinale (colico) ed articolare, portando ad un notevole miglioramento dell’artropatia infiammatoria.
Tutti i pazienti sono stati valutati con dell’Harvey-Bradshaw Index.
Sia per la Malattia di Crohn che per la Rettocolite Ulcerosa, la diagnosi è stata effettuata con valutazioni cliniche, di laboratorio e strumentali; il grado di attività della malattia è stato valutato attraverso i criteri di Truelove e Witts.
Il WOMAC-Score (Western Ontario McMaster) è stato usato per valutare l’entità del coinvolgimento articolare nei pazienti.
Dati favorevoli all’impiego dei probiotici nelle artropatie infiammatorie
I dati hanno evidenziato che i pazienti trattati con terapia convenzionale + miscela probiotica hanno avuto un risoluzione migliore del quadro clinico e nel post trattamento dei parametri: WOMAC score, VES, PCR e leucociti.
Inoltre i pazienti presentano una risposta migliore alla terapia standard rispetto ai soggetti che non hanno beneficiato del probiotico con una significatività notevole (p 0.0001).
Questi studi ci hanno indirizzato ad utilizzare queste miscele probiotiche nella terapia delle malattie intestinali infiammatorie (IBD) correlate alle artropatie infiammatorie.
Probiotici Bernardis
Malattie intestinali infiammatorie (IBD) correlate alle artropatie infiammatorie
Col termine di IBD che deriva dalla sigla inglese (Infiammatory Bowel Diseases), indichiamo un gruppo di malattie infiammatorie intestinali, comprendenti la Rettocolite Ulcerosa, il morbo di Lesniowski-Crohn comunemente chiamato morbo di Crohn, ed una colite che presenta delle caratteristiche borderline tra Crohn e RCU, denominata Colite Microscopica Indeterminata.
Queste patologie si manifestano più frequentemente nei paesi più ricchi e raramente nei paesi in via di sviluppo, soprattutto, a causa dei fattori ambientali e delle abitudini alimentari
Pur non essendo ancora individuato, l’agente causale si cerca come primum movens della malattia in una disordinata reazione del sistema immunitario nei confronti dei microorganismi intestinali, in soggetti geneticamente predisposti.
I fattori favorenti sono diversi e non sempre comuni tra le due patologie. Il fumo che nella rettocolite è un fattore protettivo, nel Crohn è un fattore favorente lo sviluppo della stessa.
Altri fattori di rischio sono:
la dieta, l’eccessivo consumo di antibiotici, lo stress, l’appendicectomia e l’uso di contraccettivi orali, probabilmente per l’effetto stimolante degli estrogeni sul sistema immunitario e per il loro potenziale trombogeno.
Importante fra tutti i fattori è una condizione di alterazione a carico del microambiente intestinale (disbiosi).
Disbiosi test
Vi sono significative differenze tra la flora microbica intestinale dei soggetti sani e dei soggetti malati o comunque a rischio di sviluppare IBD.
Tra i vari microorganismi che sono probabilmente coinvolti nello sviluppo delle IBD ricordiamo il Mycobacterium Avium Paratuberculosis (MAP) e alcuni ceppi di Escherichia coli.
Nonostante molti studi confermino la presenza del MAP in soggetti con IBD e con una frequenza superiore rispetto ai controlli sani, non possiamo essere certi del ruolo del MAP come agente trigger, anzi, si tratterebbe del risultato di una semplice sovracrescita ascrivibile alla malattia intestinale stessa.
Il quadro clinico può manifestarsi con:
ematochezia e rettorragia,
diarrea ematica,
tenesmo rettale,
dolore addominale
e a questi si possono associare una serie di sintomi sistemici dovuti all’infiammazione intestinale come anoressia, nausea, vomito, calo ponderale e anemia.
Altro elemento comune è la comparsa di manifestazioni extraintestinali, con coinvolgimento di diversi distretti corporei, di cui l’artrite sicuramente rappresenta un momento molto importante perché è tra le manifestazioni più frequenti e debilitanti.
Manifestazioni extraintestinali
Ricordiamo che le manifestazioni extraintestinali tendono a presentarsi con un’incidenza compresa tra il 20% e il 40% e sono classificabili in tre gruppi:
il primo gruppo comprende manifestazioni infiammatorie cutanee (eritema nodoso, pioderma gangrenoso), oculari (uveite, sclerite, episclerite), e articolari (artrite);
il secondo gruppo comprende le manifestazioni secondarie alle complicanze o all’estensione diretta della patologia intestinale;
il terzo gruppo comprende le epatopatie e l’amiloidosi, le complicanze a carico dei sistemi vascolare, nervoso, cardiaco e polmonare.
L’artrite rappresenta la manifestazione extra-intestinale più comune
L’artrite è la manifestazione extra-intestinale più comune, con una frequenza di circa il 30% e influenza significativamente la qualità di vita e la morbilità dei soggetti colpiti.
Altre manifestazioni muscolo-scheletriche sono l’entesite e la dattilite.
Inoltre, il 40-50% dei soggetti affetti da IBD presenta osteopenia e fino al 30% dei pazienti può andare incontro ad osteoporosi.
Classificazione
L’artrite associata alle IBD è classificata nel gruppo delle spondiloartropatie sieronegative (SpA) come la spondilite anchilosante, l’artrite psoriasica, l’artrite reattiva, e le spondiloartriti indifferenziate.
Tutte queste entità nosografiche sono caratterizzate da un coinvolgimento articolare infiammatorio che può essere assiale o periferico e dalla negatività sierologica per il fattore reumatoide, inoltre, condividono una predisposizione genetica comune, come è evidente dall’elevata frequenza all’interno di gruppi familiari di pazienti affetti e da evidenze genetiche di associazione con l’HLA-B27.
Si tratta di una condizione clinica molto importante, seppur spesso poco considerata, giacché spesso si dì maggior rilievo alla malattia primitiva, tuttavia bisogna considerare che i dati epidemiologici più recenti riportano una prevalenza di quasi quattro milioni di persone al mondo sono affetti da IBD, con una prevalenza in Europa variabile tra 505/100.000 soggetti per la Rettocolite Ulcerosa e 322/100.000 soggetti per la malattia di Crohn.
Teniamo in considerazione che stiamo sottostimando il problema.
Quindi sulla base delle nostre considerazioni l’artropatia come manifestazione extraintestinale delle IBD è più comune di quanto si pensi.
La presenza di una malattia attiva o di una storia familiare di IBD e di altre condizioni cliniche IBD-associate (pioderma gangrenoso ed eritema nodoso) rappresentano dei fattori di rischio per lo sviluppo dell’artropatia.
L’artropatia può presentarsi sotto forma di un’artrite assiale e di un’artrite periferica, quest’ultima molto più comune nelle IBD con un’incidenza stimata tra il 5% e il 20%.
Sono note due forme di artropatia periferica:
il tipo 1 (pauciarticolare, con coinvolgimento di meno di 5 articolazioni, soprattutto grandi articolazioni e con una durata dell’attacco acuto solitamente inferiore a 10 settimane) e il tipo 2 (poliarticolare, con coinvolgimento di più di 5 articolazioni, soprattutto piccole articolazioni e con una durata che può estendersi a mesi o anni).
L’artrite pauciarticolare sembra essere strettamente collegata alle riacutizzazioni della malattia intestinale, mentre lo stesso non si può dire per la forma poliarticolare.
Artropatia assiale
L’artropatia assiale, meno frequente (3%-5%) tipicamente caratterizzata da rigidità mattutina e lombalgia, può presentarsi sotto forma di spondilite e di sacroileite.
La sacroileite spesso è asintomatica e solitamente non tende a progredire verso la spondilite tranne che nelle forme bilaterali o nei soggetti che presentano altre manifestazioni extraintestinali (pioderma gangrenoso, eritema nodoso, uveite, episclerite, ecc).
La spondilite, che risulta più frequentemente HLA-B27 positiva, caratterizza un quadro più grave della sacroileite con una progressiva erosione e danneggiamento delle vertebre, fino all’anchilosi, che si configura radiologicamente con l’aspetto tipico a canna di bamboo.
L’analisi dei meccanismi fisiopatologici alla base dello sviluppo dell’artropatia e delle altre manifestazioni extraintestinali delle IBD è fondamentale per cercare di sviluppare un trattamento efficace e migliorare la qualità di vita di questi pazienti.
Spondilo-artropatie malattie a genesi multifattoriale
Le spondiloartropatie sono malattie a genesi multifattoriale che si sviluppano in soggetti geneticamente predisposti come conseguenza di fattori ambientali che fungono da agenti trigger, tuttavia ancora oggi i reali meccanismi molecolari e cellulari che stanno alla base dello sviluppo della flogosi articolare, secondaria all’enteropatia non sono stati pienamente compresi.
Sono state chiamate in causa condizioni come:
alterazione nei meccanismi di citotossicità anticorpo-mediata, reazioni di ipersensibilità ad immunocomplessi di derivazione intestinale ed anche fenomeni di cross reattività dei peptidi intestinali (batterici/alimentari) in soggetti geneticamente suscettibili.
Teoria: ruolo della disbiosi intestinale?
Tuttavia oggi le due principali teorie supportate ipotizzano un ruolo fondamentale della condizione di disbiosi intestinale, che si associa a un alterato funzionamento biochimico-molecolare e alla capacità di migrazione e homing dei linfociti intestinali, tale che gli stessi sono capaci di raggiungere le articolazioni favoriti dall’espressione deregolata delle molecole di adesione nell’endotelio attivato.
L’insieme di queste alterazioni può essere riassunto con la frase asse elettivo intestino-articolazioni che ben descrive la stretta relazione esistente tra i due sistemi.
Probiotici
Tutte le ricerche depongono in favore della condizione di disbiosi intestinale, e dell’importanza della microflora intestinale nel garantire la corretta omeostasi di un’apparto come quello intestinale, che rappresenta una porta aperta verso l’ingresso di potenziali agenti patogeni nel nostro organismo, con conseguenze su sistemi e apparati anche molto lontani sia embriologicamente che funzionalmente dall’intestino.
Ricerche nel rapporto disbiosi vs IBD/artrite
Date le evidenze scientifiche sulla relazione tra disbiosi e IBD/artrite in soggetti geneticamente suscettibili ci si chiede il motivo per il quale alcuni pazienti pur presentando una colonizzazione intestinale da parte di microorganismi potenzialmente nocivi non sviluppano un coinvolgimento infiammatorio locale e sistemico (articolare).
Qui entrano in gioco una serie di fattori che nei soggetti normali, cioè senza alcuna condizione favorente (genetica), favoriscono lo sviluppo di una normale tolleranza ai batteri intestinali, sia attraverso una risposta infiammatoria efficiente e controllata sia per effetto della funzione di barriera della mucosa, che impedisce la retrodiffusione dei microorganismi negli strati sottostanti l’epitelio di rivestimento, sia per effetto della soppressione della risposta immunitaria mucosale.
Questo delicato equilibrio tra componenti batteriche e meccanismi di protezione dell’ospite può’ essere alterato in presenza di difetti genetici e da agenti che aumentano la permeabilità della mucosa o che riducono la produzione di molecole immunosoppressive alterando la composizione della microflora intestinale e permettendo così la cronicizzazione dell’infiammazione
Considerazioni fisiopatologiche
Comprendiamo che queste considerazioni fisiopatologiche possono palesare importanti implicazioni terapeutiche sulle possibili strategie da impiegare per attenuare la stimolazione antigenica cronica, per ripristinare la produzione di molecole immunosoppressive endogene, bloccando l’attività delle molecole proinfiammatorie e per accelerare la guarigione della mucosa.
Tutti questi momenti terapeutici dovrebbero essere ricercati assieme, in modo da permettere il ristabilirsi dell’omeostasi mucosale e attenuare la flogosi locale e sistemica e quindi l’infiammazione articolare stessa.
Microbiota Polmonare
Nuovi strumenti terapeutici
Data l’importanza nella fisiopatologia della malattia dei microorganismi enteropatogeni, abbiamo pensato di valutare l’efficacia di nuovi strumenti terapeutici che sono i probiotici che sappiamo, essere microorganismi vitali, biologicamente attivi e normalmente rappresentati a livello intestinale nel soggetto sano, la cui azione è volta a regolare la microflora intestinale.
I probiotici possono manifestare funzioni differenti: le miscele a base di Lattobacilli, impediscono l’adesione e l’attecchimento delle specie enteropatogene alla mucosa colica, mentre le miscele di Bifidobatteri aumentano le capacità adesive e viscoelastiche del muco colico impedendo la colonizzazione intestinale da parte degli enteropatogeni e inoltre stimolano la sintesi di vitamine del gruppo B e mostrano un’azione antiinfiammatoria e antineoplastica.
Importanza dei Lactobacilli e dei Bifidobatteri
In particolar modo, l’effetto dei probiotici è attribuito all’azione dei Lactobacilli e dei Bifidobatteri.
I lactobacilli impediscono l’adesione e l’attecchimento delle specie enteropatogene alla mucosa colica e si dimostrano in vivo in grado di ridurre la produzione dei mediatori bioumorali di flogosi caratteristici delle IBD (IL-1, IL-8, TNF) ed il reclutamento leucocitario.
I Bifidobatteri, invece, hanno un ruolo importante nel migliorare le capacità adesive e viscoelastiche del muco colico e nell’impedire la colonizzazione intestinale da parte degli enteropatogeni, inoltre stimolano la sintesi di vitamine del gruppo B ed esplicano una azione antiinfiammatoria ed antineoplastica.
Terapia
Il trattamento delle forme di IBD di grado lieve e lieve-moderato prevede l’utilizzo di Mesalazina e FANS e nelle fasi di riacutizzazione si utilizza il Prednisone; il grado severo e le forme moderate, che non rispondono alla mesalazina, prevede l’uso di immunosoppressori (Azatioprina) e del farmaco biologico (Infliximab).
L’analisi della letteratura sull’argomento propone di valutare l’efficacia della manipolazione del microbiota intestinale attraverso i probiotici e/o il trapianto di microbi fecali (FMT) nel trattamento delle malattie reumatologiche, ponendo l’accento sull’importanza della ricerca di nuovi approcci terapeutici e riconoscendo l’importanza delle interazioni tra ospite e microbi intestinali.
I dati in letteratura riportano i notevoli benefici clinici ottenuti dalla manipolazione del microbiota intestinale nei soggetti con IBD attraverso i probiotici; considerazioni che pongono l’accento sull’importanza della disbiosi come momento patogenetico principale delle IBD e che sulla base delle considerazioni fisiopatologiche espresse sembra contribuire anche allo sviluppo delle manifestazioni extraintestinali.
Secondo noi l’attenuazione della flogosi locale intestinale ha importanti azioni sul quadro articolare, comportando anche un rilevante miglioramento dell’artropatia e prevenendo anche lo sviluppo di altre manifestazioni extraintestinali.
Risultati
I risultati ottenuti sono talvolta superiori alle attese, è evidente il beneficio ottenuto dall’associazione del probiotico al trattamento standard.
Questo evidenza anche un miglioramento nel post-trattamento dei parametri considerati:
WOMAC score, PCR, VES e leucociti con una significatività statistica notevole (p 0.0001).
Quindi, l’artropatia secondaria a IBD dimostra, che è strettamente dipendente dall’entità della flogosi intestinale, per cui intervenire sul microbiota intestinale in modo da risolvere la disbiosi può favorire un notevole miglioramento clinico sia dell’artrite secondaria alle IBD e delle altre manifestazioni extraintestinali, sia della malattia intestinale stessa.
La disbiosi ha un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’artropatia.
Quindi, è opportuno un trattamento complesso in cui ai farmaci standard (mesalazina, cortisone, biologico e FANS) vengano aggiunti i probiotici, indipendentemente dal grado di attività della malattia intestinale e dall’entità del coinvolgimento articolare.
Inoltre, la letteratura ci informa che il dismicrobismo intestinale è anche chiamato in causa in una moltitudine di malattie che non hanno, almeno apparentemente, a che fare con le IBD.
Oltre che nelle IBD e nelle sue complicanze la disbiosi è chiamata in causa in malattie autoimmuni, reumatologiche ed endocrine.
Si sta sviluppando quindi una convinzione crescente che intervenire nel mantenimento della stabilità eubiotica intestinale, con la somministrazione di specifiche miscele, rappresenta, soprattutto, un nuovo strumento terapeutico finalizzato al trattamento e magari alla prevenzione di una moltitudine di patologie intestinali e sistemiche.
Nuovi studi in questa direzione paiono auspicabili, sia per l’enorme interesse sia suscitano sia soprattutto per le promettenti prospettive terapeutiche offerte oltre che in campo ortopedico anche in campo internistico.