Per implantologia a carico immediato si intende una procedura chirurgico/protesica, finalizzata all’inserimento degli impianti ed alla loro protesizzazione, entro le 48 ore successive.

Un parametro fondamentale al fine di poter realizzare un carico protesico o, comunque, una protesi immediata è raggiungere una “eccezionale” stabilità primaria degli impianti.
La stabilità implantare primaria rappresenta un fattore prognostico fondamentale nella predicibilità del successo delle implanto-protesi.
Per un’ideale stabilità primaria, bisogna identificare la qualità e la quantità di osso, necessario per realizzare il “tunnel implantare”.
Ora, mentre, la quantità della cresta ossea è facile da valutare intra-operatoriamente, la densità, invece, richiede una valutazione differente.
Oggi, disponiamo di micromotori implantari in grado di misurare il torque di inserimento degli impianti, e strumenti capaci di misurare l’ISQ: Implant Stability Quotient.
Comunque, i parametri che maggiormente determinano la predicibilità sono un’adeguata stabilità primaria implantare, funzione, soprattutto, della qualità e della quantità ossea, e della mancanza di micro-movimenti, nelle fasi di guarigione ossea (osteointegrazione secondaria).
Ricordiamo che, l’ISQ quantifica ciò, che per decenni si valutava con il suono acuto o grave, ottenuto, “battendo” con il manico di uno strumento, l’impianto.
Oltre alla quantità e qualità dell’osso, al fine di realizzare un carico immediato, in totale sicurezza vanno considerati vari fattori, che cercheremo di analizzare:
1- Un fattore importante , per favorire un’ottimale stabilità primaria, è posizionare almeno 4 impianti, solidarizzandoli tra di loro, evitando procedure su uno due o soli tre impianti.
2- l’immediata funzionalizzazione, mediante, carico immediato, oppure una protesi immediata, in cui si evitano i contatti occlusali in centrica, lateralità e protrusiva.
Questo fattore è in stretto rapporto con il principio del poligono di appoggio e con la “minimizzazione” dei carichi torsionali, generati da momenti flettenti, mediante diagonali di dissipazione delle forze tangenziali (shear stress).
3- Un altro fattore importante è “impattare”, ove possibile, le corticali ossee, sfruttando il principio del corticalismo, che permette in caso di bicorticalismo di attraversare, senza timore di ottenere una buona stabilità, regioni ossee, in cui l’osso è di bassa qualità (D4 e D5), come negli impianti pterigoidei, che “stabilizziamo” nella lamina pterigoidea o, addirittura, è assente, come negli impianti nasali trans-sinusali.
4- Un altro fattore, in ambito riabilitativo, è sfruttare ove possibile il principio della divergenza implantare per aumentare la scomposizione dei vettori delle forze compressive, direzionandole in forze tensive.
5- Altro fattore, oltre alla sotto-preparazione del sito implantare, è l’impiego di impianti conici a doppio principio con maggiore sezione “resistente” alla trazione, tipo Halo implant.
Non va dimenticato che tutti questi accorgimenti (fattori) evitano micro-movimenti degli impianti endossei superiori ai 100 micron, ben sapendo che micromovimenti superiori ai 150 micron, possono generare osteo-fibro-integrazione.
Importanza della densità ossea
La densità ossea è un parametro importantissimo nel determinare sia la stabilità primaria dell’impianto sia l’entità dei micromovimenti, soprattutto in caso di carico immediato.

In pratica, tra la premaxilla e la sinfisi mandibolare non esiste una grande differenza.
Tipo D2: osso con corticale spessa e spongiosa a maglie strette.
Tipo D3: osso con corticale sottile e spongiosa a maglie strette.
Infatti, lo stesso Misch definì l’osso di densità D3, molto comune nel mascellare, con caratteristiche paragonabili a quelle dell’osso di classe D2, anche se, rispetto ad esso, presenta una vascolarizzazione della spongiosa inferiore.
Variabili da condizionare
Ricapitolando, le differenti variabili, che dobbiamo “condizionare” per determinare la stabilità primaria dei nostri impianti, al fine di garantire la predicibilità delle nostre riabilitazioni, sono:
1-La quantità dell’osso, che tanto maggiore è la dimensione verticale di osso a disposizione, maggiore è la lunghezza dell’impianto che possiamo inserire.
Quando è molto ridotta la quantità in rapporto alla verticalità (lunghezza) possiamo “condizionare” e, così, aumentare la quantità di osso, “inclinando” i nostri impianti;
2-La qualità dell’osso rappresenta un fattore più importante della quantità.
Si misura mediante il rapporto, tra l’osso corticale e l’osso spongioso.
Maggiore sarà l’osso corticale, tanto migliore sarà la qualità dell’osso.
Per condizionare questo parametro ,noi cerchiamo come già spiegato il massimo corticalismo, sommandolo così alla divergenza.
3-Il design implantare condiziona la preparazione del sito implantare.
Infatti, impianti cilindrici possono essere inseriti solo in siti maschiati allo stesso diametro dell’impianto.
Per ottenere un’ottima stabilità primaria, è importante che l’impianto abbia una conformazione che ci permetta di sotto-preparare il sito, condizionando con il design la stabilità primaria.
Altro fattore favorevole è impiegare impianti “tensegretivi”, in cui la sezione resistente data dal prodotto dr= 0,92dt, ossia la parte “resistente” (dr) è funzione del diametro totale (dt) (Halo implant)
4-La tecnica chirurgica, che rappresenta la variabile “individuale” di ogni procedura chirurgica, dipendente molto dall’abilità dell’operatore.
Appare chiaro che l’esatta conoscenza di tutti i fattori “condizionanti” una riabilitazione implanto-protesica mediante “Full Arch” è il primo passo fondamentale necessario verso questa tecnica semplice ma apparentemente complessa.